mercoledì 31 dicembre 2008
martedì 30 dicembre 2008
non siamo mica ai caraibi
Qui c’è qualcosa che non torna.
Prima quasi due mesi di pioggia. Due mesi. Sessanta giorni in cui ha piovuto tutti i giorni, con qualche pausa di qualche ora o al massimo di un giorno. Sessanta giorni nei quali non abbiamo potuto fare una lavatrice tranquilla, in cui è stato tutto uno spostare panni da fuori a dentro, con cadaveri che ancora adesso stazionano sui termosifoni. Ora sono tre quattro giorni che è arrivato un freddo bestiale, di quelli che arriviamo a casa la sera piegati a metà, e poi per scaldarsi brodi e the e grappe.
Mi sono anche interrogata su questa cosa qua, del freddo, mi sono chiesta se non sia la solita percezione della solita siciliana che comunque per lei caldo è dai 40 in su e sotto i 10 comincia a rognare. Io odio il freddo, con tutto quel vestirsi e spogliarsi e rivestirsi e rispogliarsi. Che ppalle.
Poi c’è la storia del sapersi vestire. Non mi ricordo chi mi disse una volta che i meridionali si distinguono per questo: dopo vent’anni al nord ancora non si sanno vestire. Io appartengo alla categoria, senza ombra di dubbio. Sono sempre vestita troppo leggera. E’ una specie di incapacità di arrendersi all’evidenza, una ribellione allo status quo.
Ieri per esempio siamo usciti per pranzo. Dopo circa un’ora di indecisioni su cosa mi metto con cosa, sono uscita con la gonna e le calze, e sopra un maglione a maniche corte. Si proprio così, a maniche corte. Con poi sopra un cappottino leggero, con maniche aperte, pronte ad incanalare spifferi peggio della galleria del vento. Chiaramente dopo un minuto esatto di permanenza all’esterno ero completamente congelata.
Il primo inverno a Parma a gennaio mi presi una bella bronchite, con dieci giorni di febbre a 39 e ½. Mi ricordo che un vecchio geometra del mio ufficio, quando poi tornai al lavoro, mi spiegò che di notte, per evitare di stare male per il freddo, mi dovevo mettere una sciarpa attorno alle reni, che se sono calde le reni poi il corpo piano piano si riscalda. Era vero.
E adesso siamo qui a Livorno, ad esplorare tutti i segreti del libeccio e del grecale. Ora, a qualunque livornese io abbia chiesto, subito ha risposto che non è sempre così, che questo è un freddo eccezionale. Speriamo, anche se diffido dei pareri delle genti innamorate della propria città. Sono sempre parziali. No, perché io nel cambio di stagione ho anche buttato un vecchio piumino, di quelli neri un po’ lunghi che si usavano un po’ di tempo fa, dicendomi: tanto dove vado adesso non mi servirà più! Che devo fare?
Prima quasi due mesi di pioggia. Due mesi. Sessanta giorni in cui ha piovuto tutti i giorni, con qualche pausa di qualche ora o al massimo di un giorno. Sessanta giorni nei quali non abbiamo potuto fare una lavatrice tranquilla, in cui è stato tutto uno spostare panni da fuori a dentro, con cadaveri che ancora adesso stazionano sui termosifoni. Ora sono tre quattro giorni che è arrivato un freddo bestiale, di quelli che arriviamo a casa la sera piegati a metà, e poi per scaldarsi brodi e the e grappe.
Mi sono anche interrogata su questa cosa qua, del freddo, mi sono chiesta se non sia la solita percezione della solita siciliana che comunque per lei caldo è dai 40 in su e sotto i 10 comincia a rognare. Io odio il freddo, con tutto quel vestirsi e spogliarsi e rivestirsi e rispogliarsi. Che ppalle.
Poi c’è la storia del sapersi vestire. Non mi ricordo chi mi disse una volta che i meridionali si distinguono per questo: dopo vent’anni al nord ancora non si sanno vestire. Io appartengo alla categoria, senza ombra di dubbio. Sono sempre vestita troppo leggera. E’ una specie di incapacità di arrendersi all’evidenza, una ribellione allo status quo.
Ieri per esempio siamo usciti per pranzo. Dopo circa un’ora di indecisioni su cosa mi metto con cosa, sono uscita con la gonna e le calze, e sopra un maglione a maniche corte. Si proprio così, a maniche corte. Con poi sopra un cappottino leggero, con maniche aperte, pronte ad incanalare spifferi peggio della galleria del vento. Chiaramente dopo un minuto esatto di permanenza all’esterno ero completamente congelata.
Il primo inverno a Parma a gennaio mi presi una bella bronchite, con dieci giorni di febbre a 39 e ½. Mi ricordo che un vecchio geometra del mio ufficio, quando poi tornai al lavoro, mi spiegò che di notte, per evitare di stare male per il freddo, mi dovevo mettere una sciarpa attorno alle reni, che se sono calde le reni poi il corpo piano piano si riscalda. Era vero.
E adesso siamo qui a Livorno, ad esplorare tutti i segreti del libeccio e del grecale. Ora, a qualunque livornese io abbia chiesto, subito ha risposto che non è sempre così, che questo è un freddo eccezionale. Speriamo, anche se diffido dei pareri delle genti innamorate della propria città. Sono sempre parziali. No, perché io nel cambio di stagione ho anche buttato un vecchio piumino, di quelli neri un po’ lunghi che si usavano un po’ di tempo fa, dicendomi: tanto dove vado adesso non mi servirà più! Che devo fare?
lunedì 29 dicembre 2008
perde
L’altra mattina mi sveglio, mi alzo, e trovo r. già nello studio davanti al computer. Aria tetra. “L’acquaio perde” mi comunica deciso. “Ah” ribatto io vaga, per nulla desiderosa di addentrarmi in un ginepraio di prima mattina, senza manco avere bevuto il caffè. “Ma non c’è problema” prosegue lui, “ho già fatto la foto e l’ho spedita a f.” (*). Nel frattempo me la apre, la foto, e me la mostra. La guardo, e una sottile inquietudine mi attraversa. Non saprei bene come definirla, una sensazione alla brazil, il pensiero di un futuro in cui le cose rotte della propria vita, dolori ansie fallimenti, vengano immortalate in una foto, come questo povero acquaio, nudo di fronte a noi, in attesa che qualcuno le ripari. Alzo la testa e guardo r. Chissà se anche lui pensa le stesse cose. Vorrei chiederglielo, ma mi trattengo: essere strane è un diritto, non approfittarne è cortesia.
(*) f.=tipo dell’impresa che ci ha fatto i lavori NdR
domenica 28 dicembre 2008
Stefano vs Giovanni
tradizione isernina in cucina spesso significa tradizione campana. e infatti, il 26 dicembre, santo stefano, si usa cucinare la zuppa alla santè, una zuppa davvero buonissima benché non così light come si richiederebbe dopo le epatofatiche natalizie.
la ricetta originale è un po' lunga ma affatto complicata: prepari millequattrocento polpettine di carne, parmigiano, prezzemolo, aglio, pangrattato, le friggi e le metti da parte. inutile stare a metterle su un foglio di carta assorbente...
prepari un brodo di tacchino, carota, cipolla, pepe, bello ristretto e saporito, ci cuoci dentro due o tre cosi di scarola e ci butti le polpettine fritte.
poi friggi sette otto etti di cubetti di pane e riduci in cubetti un pajo di scamorze (ho detto scamorze, non mozzarelle o fiordilatte).
sistemi nel piatto pane fritto e scamorze e ci versi sopra due o tre mestoli di zuppa.
yum.
ora, quest'anno, per cause di forza maggiore, io e la mia etc etc abbiamo passato il natale soli soletti nella nostra legornhouse, senza parenti nè d'una parte né dell'altra. ci siamo trovati quindi davanti ad alcune scelte, tipo: che si fa? facciamo l'albero? lo facciamo il presepe? insomma, giochiamo a natale o facciamo gli alternativi per forza che noi poi figurati il natale?
direi che ci abbiamo provato, e neanche con cattivi risultati.
l'albero, grazie a j e l, l'abbiamo fatto; il presepe (o presepio) anche, grazie ai pupazzetti di quando ero piccolo che mi ha spedito mia madre, insieme a un po' di palle (e tutti gli angioletti e le lanterne che ha spedito MIA madre? e la capanna, cosa FONDAMENTALE per il presepe, eh??? NdEtcetc)
il cenone della vigilia non c'è stato per questioni lavorative, ma il pranzo di natale ce lo siamo organizzato per benino, con tanto di candelabro e candele rosse.
il 26, santo stefano appunto, siamo stati invitati a pranzo da m e gl, con tonnellate di cibo spettacolare preparato dalla mamma di gl. quindi un po' per necessità, un po' perchè mica possiamo fare tutto secondo le regole, macchè, la zuppa alla santè è saltata al 27.
e allora ci siamo messi ai fornelli e abbiamo preparato la versione light di questa zuppa, chè vabbè che a casa di m&gl s'è mangiato tanto, ma arrivare ai livelli calorici di mia madre non è mica uno scherzo.
e allora natale light, zuppa alla santè light: le polpette non sono state fritte, ma cotte direttamente nel brodo; il pane non è stato fritto ma tostato; la scamorza non c'era. altra piccola differenza: le polpette erano parecchio più grandi di quelle minuscole che sono abituato a veder nuotare nella zuppa. in compenso erano buonissime. così come la zuppa.
è chiaro che qui a legornhouse, da oggi in poi, la zuppa alla santè si farà light e a san giovanni: un cambio di santè.
mercoledì 24 dicembre 2008
parcheggio
quando vedemmo per la prima volta la casa dove adesso viviamo, i nostri amici livornesi commentando la zona ci dissero: "bello il centro, ma con il parcheggio c'è da impazzire!" noi devo dire impavidi abbiamo perseverato, ed ora eccoci qua, a due passi dal seghieri e dall'isola pedonale, insomma in pieno centro.
certo parcheggiare è un casino, specie ad alcune ore è veramente un'impresa, ci sono giorni poi in cui tutti escono, tutti vengono al centro, e là veramente si rasenta il delirio... certo, ci siamo anche adattati a soluzioni di parcheggio "creativo" che mai prima ci sarebbero venute in mente... ma il problema, quello vero, non è tanto trovare parcheggio, quanto ricordarsi poi dove si è parcheggiato, visto che a volte si fanno diversi giri, e poi c'è "qualcuno" che nn è proprio dotato di una memoria... ehm... come dire... ferrea.
per esempio stasera r. si prepara per andare al lavoro. esce di casa di buon'ora, con la sua bella schiscetta per la cena. dopo un quarto d'ora mi chiama sul cellulare: "amore, gli manco già" penso io mentre rispondo... con voce un pò nervosa mi comunica che ha girato tanto, ma la macchina nn la trova, e ora prova ad allontanarsi ancora dal centro. dopo un altro quarto d'ora mi suona il campanello di casa "oh che bello l. è passata a farmi un salutino" penso io. invece no, sempre r., che già più agitato mi chiede di tirargli giù le chiavi della mia macchina, che andrà al lavoro con quella. passano dieci minuti, altra telefonata: "la tua macchina non parte, hai la batteria a terra, torno indietro". ormai la voce è spezzata. mi metto in fretta scarpe e maglione e scendo giù per aiutarlo a cercare, ci divideremo le strade.
anzi no, meglio che io prenda il motorino, così cerco più in fretta. comincia ad essere veramente tardi. risalgo di corsa, prendo casco e documenti. scendo, lui nel frattempo si è rimesso alla ricerca. cerco di accendere il motorino, niente. riprovo, niente. nonostante la statistica sia dalla mia parte (è impossibile che anche il motorino non parta) mi sento rassegnata a risalire, mollare casco e documenti riscendere e mettermi alla ricerca correndo. invece parte, finalmente! faccio il primo giro, guido con difficoltà, troppa gente in giro, pedoni e carrozzine che spuntano a piedi da tutte le parti, macchine nervose.
io odio la vigilia di natale.
al secondo giro la trovo, chiamo r., gli dico dov'è. lui ormai è tanto nel pallone che non capisce quasi la via. arriva, mi saluta in fretta e va via.
ora, urge trovare una soluzione. che facciamo? una foto con il cellulare ogni volta che si parcheggia? attacchiamo una lavagnetta all'ingresso, per scrivere via e numero civico appena entrati?
voi cosa consigliate?
p.s. nella foto una strada di noto: è vero, siamo in sicilia, ma nn si può dire che il problema sia il traffico :-)
domenica 21 dicembre 2008
livornesità
in scaip
[20/12/2008 19.29.53] L. scrive:ci sei?
[20/12/2008 19.30.01] V. scrive:si
[20/12/2008 19.30.16] L. scrive:l'hai visto il tirreno?
[20/12/2008 19.30.23] V. scrive:no
[20/12/2008 19.30.26] V. scrive:perchè?
nel frattempo penso cose tipo mi è esploso l'ufficio è crollato il molo dove sto facendo un lavoro e amenità del genere
[20/12/2008 19.30.45] L. scrive: http://iltirreno.repubblica.it/multimedia/home/4166339
[20/12/2008 19.30.54] L. scrive:sei fiera di essere livornese?
[20/12/2008 19.31.04] V. scrive:si
[20/12/2008 19.31.07] V. scrive:un casino
bene mi dico, allora è chiaro sono stressata ho bisogno di una luuunga vacanza
[20/12/2008 19.31.08] L. scrive:(rofl)
[20/12/2008 19.31.09] V. scrive::)
[20/12/2008 19.31.14] L. scrive:è spettacolare
[20/12/2008 19.31.21] V. scrive:lo ero già da prima
orgogliosa di essere livornese NdR
[20/12/2008 19.31.24] V. scrive:poverino
[20/12/2008 19.31.29] V. scrive:si annoiava senza tv
[20/12/2008 19.31.34] L. scrive:infatti
[20/12/2008 19.31.40] L. scrive:che geni!
tranquilla soldato v., puoi deporre le armi: qui sei in terra amica.
sabato 20 dicembre 2008
ottimismo
stamattina sono passata dal macellaio. è, il macellaio, un omone silenzioso e massiccio. da quando abitiamo qui ci sarò andata in tutto una decina di volte, e il nostro dialogo è sempre stato
"mi dà 300 gr di tritato?"
"altro?"
"no grazie."
"tre euro."
sguardo sornione lui, aria svagata io. magari pensa io sia una gattara, sempre lì a comprare tritato. l'ultima volta che sono andata c'era un tipo prima di me, che ha comprato diverse cose. nel frattempo chiaccheravano del tempo, della pioggia insistente che rovina i baccelli del sig. macellaio, e via discorrendo. almeno dieci minuti durante i quali ho osservato tutto, i pezzi di carne, l'enorme lingua in bella vista, i ceci lessi, gli hamburger pronti. lo specchio alle sue spalle, enorme e bellissimo. qualcuno mi ha spiegato di recente che serve per controllare che i clienti non rubino, mentre lui, il sig. macellaio, sta girato di spalle per tagliare la carne.
in verità io le macellerie non le conosco quasi per niente. figlia di famiglia-terza-settimana (seppur testardamente ottimista, stia tranquillo caro Presidente) di madre vegetariana, non penso di essere mai andata in macelleria in vita mia. la carne comprata, poca e solo in offerta, al supermercato.
oggi invece, dopo avere chiesto il solito tritato, arrivati al punto in cui lui fa: "altro?" dico: "si, vorrei una bistecca da quella", indicando un pezzo di carne. lui mi guarda, e gentile (ma fermo) replica: "quella non è una bistecca. da noi in toscana bistecca è solo quella con l'osso, come quella là" e indica un pezzo di carne un pò più a sinistra. lo guardo un attimo, sembra un bel pezzo di carne in effetti, ma non c'è il cartellino del prezzo, e io (sempre con sorridente ottimismo, stia tranquillo caro Presidente) dico "no, va bene da quell'altro pezzo". poi, spinta da insana secchionaggine, aggiungo: "allora come la devo chiamare?" ci pensa un attimo... "fetta di carne, mi dica solo voglio una fetta di carne". e poi aggiunge "vedrà come è buona, è da urlo".
caro sig. macellaio, stasera ho mangiato la fetta di carne, e in effetti era molto buona. tornerò di certo a comprarne un'altra, insieme al mio solito tritato.
solo, vorrei farle un appunto: lei capisce, so che per voi toscani la storia della bistecca e l'osso e non l'osso è di vitale importanza, ma io mi sento un po' scema a pensare di entrare la prossima volta nel suo negozio e dire "vorrei una fetta di carne". mi immagino subito da lei una risposta del tipo "ma va! e io che credevo volesse una saponetta all'aloe!"
credo quindi che farò come si fa in terra straniera: indicherò quello che desidero con il dito indice. magari lasciando anche un alone sul vetro, chissà.
"mi dà 300 gr di tritato?"
"altro?"
"no grazie."
"tre euro."
sguardo sornione lui, aria svagata io. magari pensa io sia una gattara, sempre lì a comprare tritato. l'ultima volta che sono andata c'era un tipo prima di me, che ha comprato diverse cose. nel frattempo chiaccheravano del tempo, della pioggia insistente che rovina i baccelli del sig. macellaio, e via discorrendo. almeno dieci minuti durante i quali ho osservato tutto, i pezzi di carne, l'enorme lingua in bella vista, i ceci lessi, gli hamburger pronti. lo specchio alle sue spalle, enorme e bellissimo. qualcuno mi ha spiegato di recente che serve per controllare che i clienti non rubino, mentre lui, il sig. macellaio, sta girato di spalle per tagliare la carne.
in verità io le macellerie non le conosco quasi per niente. figlia di famiglia-terza-settimana (seppur testardamente ottimista, stia tranquillo caro Presidente) di madre vegetariana, non penso di essere mai andata in macelleria in vita mia. la carne comprata, poca e solo in offerta, al supermercato.
oggi invece, dopo avere chiesto il solito tritato, arrivati al punto in cui lui fa: "altro?" dico: "si, vorrei una bistecca da quella", indicando un pezzo di carne. lui mi guarda, e gentile (ma fermo) replica: "quella non è una bistecca. da noi in toscana bistecca è solo quella con l'osso, come quella là" e indica un pezzo di carne un pò più a sinistra. lo guardo un attimo, sembra un bel pezzo di carne in effetti, ma non c'è il cartellino del prezzo, e io (sempre con sorridente ottimismo, stia tranquillo caro Presidente) dico "no, va bene da quell'altro pezzo". poi, spinta da insana secchionaggine, aggiungo: "allora come la devo chiamare?" ci pensa un attimo... "fetta di carne, mi dica solo voglio una fetta di carne". e poi aggiunge "vedrà come è buona, è da urlo".
caro sig. macellaio, stasera ho mangiato la fetta di carne, e in effetti era molto buona. tornerò di certo a comprarne un'altra, insieme al mio solito tritato.
solo, vorrei farle un appunto: lei capisce, so che per voi toscani la storia della bistecca e l'osso e non l'osso è di vitale importanza, ma io mi sento un po' scema a pensare di entrare la prossima volta nel suo negozio e dire "vorrei una fetta di carne". mi immagino subito da lei una risposta del tipo "ma va! e io che credevo volesse una saponetta all'aloe!"
credo quindi che farò come si fa in terra straniera: indicherò quello che desidero con il dito indice. magari lasciando anche un alone sul vetro, chissà.
carote di neve
bella eh? ecco a voi la torta di carote! fatta con lo stampo a forma di pupazzo di neve! e mica per grassi glicemici, ma con il malto di riso! e l'olio di riso! e la farina integrale! biologica, ovviamente! sono brava eh? già già... peccato che abbia la consistenza di una gommosa alla liquirizia, e sia assolutamente insapore, da fare concorrenza all'acqua distillata. e così è passata dritta dritta dallo stampo alla spazzatura. una foto però la meritava, anche se a vederla così fa un po' obitorio :-).
mercoledì 17 dicembre 2008
martedì 16 dicembre 2008
Lupi
In questo periodo mi fa veramente incazzare tutta questa manfrina sul fatto che dobbiamo liberarci delle nostre paure, e spendere. A chi ci prende per coglioni è sempre meglio non rispondere. Anche se, come si dice in siciliano, un po’ ci si sente "futtuti e malupaiati”, l’equivalente del "cornuti e mazziati" napoletano. I soldi non ci sono, e se ci sono servono per pagare altro. Per cui non entro in un negozio da svariati mesi. Fra pochi posti in cui ancora giracchiamo, oltre alle librerie (dove di solito si guarda e poco più), ci sono i negozi dell’usato. A parte le motivazioni di carattere economico, gli oggetti usati mi piacciono, detesto l’idea che le cose si buttino, e trovo stimolante per la testa pensare ad un uso diverso per un oggetto. Questi negozi, in genere in franchising, hanno aspetti molto diversi fra di loro. Io li frequento da sempre, e in tutte le città dove ho vissuto li ho investigati a fondo. Qui a Livorno fino ad ora ne ho trovati tre, e nessuno mi ha ancora colpito al cuore, anche perché credo che sarà difficile superare il mio preferito, a Parma, dove eravamo così di casa che il cane dei padroni ci riconosceva e ci faceva le feste :). Stamane siamo usciti a fare in giretto, con un tempo da lupi che a mezzogiorno pareva notte, e un umore un po’ uggioso, almeno il mio. Da tanto tempo desideravo un candeliere. In un paio di occasioni ne avevo adocchiato uno. Ma poi una volta il prezzo ancora non era definito, un'altra era ben TROPPO definito... insomma, niente di fatto. Poi abbiamo trovato questo, nel negozio che per ora preferisco, un posto freddo e un po’ inospitale che però riserva qualche sorpresa... Lo abbiamo preso, e oggi pomeriggio lo abbiamo provato. Vi piace? R. dice che le candele sarebbero meglio bianche, anche io sono d’accordo, ma per ora avevamo solo queste :)
sabato 13 dicembre 2008
e l'alluce fu
oggi ci siamo preoccupati perchè abbiamo scoperto quanto pagheremo di enel sulla prossima bolletta. allora, visto che abbiamo il meraviglioso aggeggio elettronico che conta i kilowattora - dicesi contatore - e visto che lo stesso, beché ricoperto da uno spesso strato di schizzi di vernice (sappiamo chi ringraziare) fornisce un'indicazione della potenza istantanea in uso, abbiamo cominciato a spegnere questo e quello-aspettare un po'-controllare la lettura.
se ne evince che caralamiaetcetcchetantolelucinoncontano:
- il frigo puppa 0.2
- i due computer con i tre monitor: 0.2
- tutta la robina in standby: sotto 0.1 ma anche 0.0
- forno elettrico a 200 gradi ventilato: 0.8
poi col frigo staccato abbiamo acceso tutte le luci di casa, tv, radio e l'aspiratore del bagno piccolo. situazione certo estrema ma che comunque ci dà una misura.
risultato: 0.8, i.e. come il forno elettrico...
se ne evince che caralamiaetcetcchetantolelucinoncontano:
- il frigo puppa 0.2
- i due computer con i tre monitor: 0.2
- tutta la robina in standby: sotto 0.1 ma anche 0.0
- forno elettrico a 200 gradi ventilato: 0.8
poi col frigo staccato abbiamo acceso tutte le luci di casa, tv, radio e l'aspiratore del bagno piccolo. situazione certo estrema ma che comunque ci dà una misura.
risultato: 0.8, i.e. come il forno elettrico...
giovedì 11 dicembre 2008
piccolo viaggio
in questo periodo va un po' così. la terra gira, la vita anche, a volte in un modo a volte in un altro. accadono cose, e alcune mi hanno privato del tocco di leggerezza che necessita uno spazio come questo. allora preferisco non dire niente, astenermi in attesa che il tocco ritorni, e io riacquisti un po' del mio essere. nel frattempo, facciamo un piccolo viaggio in casa per immagini. il testo magari lo metteremo un'altra volta, quando andrà un po' meglio.
tutte le foto le ha scattate r., oggi pomeriggio.
tutte le foto le ha scattate r., oggi pomeriggio.
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