mercoledì 28 maggio 2008

Magico mondo

Lunedì siamo stati al magico mondo dell’ikea. Dopo essere entrati alle ore 12 e trenta, avere superato burroni, cascate, lingue di fuoco e billy milleteste, alle ore 17 e zerozero, siamo usciti vincenti a respirare a pieni polmoni aria e caldo di un ‘allarme afa’ fiorentino.

Sono 4 metri e 20, che in volume, scaffali-mobili-lavatrice-lavello-pensili, fanno 4 metri cubi e 91 di cucina. Ecco, anche noi adesso possediamo la nostra metratura d’ordinanza.

Ma facciamo un passo indietro.

Io la cucina ‘componibile’ mica la volevo. Già la parola, ‘componibile’ mi mette ansia. Perché, la sua rivale com’è? A-componibile? Scomponibile? Il pensiero di quella distesa di cassetti, cassettini, ante e ripiani mi metteva soggeZione. Mi pare che poi là se bruci le lenticchie (lo so… ci sarebbe stato bene se bruci l’arrosto. ma io non ho mai fatto in vita mia un arrosto, e manco penso lo farò) scatti qualche sirena…. ti vengono a prendere, ti fanno una multa, non so.
Forse ho la sindrome della casalinga imperfetta.
E tutte quelle luci (sottopensili, così li chiamano) sul bancone? Mi fanno un po’ sala operatoria, che a me già alcuni animali non è che piaccia tanto mangiarli, figurati poi…. prendi ad esempio il pollo, e sotto quelle luci lo stendi ben bene, tutto nudo e solo, senza manco una parente fuori dalla porta ad aspettare. No. Non fa per me.

E i miei piattini? E le mie scodelle? Quella miriade di piattini tutti spaiati a volte scheggiati che tengo là, a vista? Io li voglio vedere sempre, potere scegliere con calma su quale preferisco mangiare la tal cosa o la tal altra… mica farli inghiottire da uno di quei cassoni metallici che mi pare di essere all’Archivio di Stato…

Per questo vagheggiavo di mobili dell’usato presi un po’ a casaccio, un vecchio tavolo, magari un armadio della nonna, una mano di cementite e via... Ma penso sinceramente che il mio etc etc mi avrebbe lasciata andare per la mia strada.
E poi insomma, forse disordinata un po’ lo sono, magari tutti questi cassetti in cui stipare in ordine sparso tutto non sono male… considerato anche che sto molto in giro e detesto sommamente le pulizie di casa…

E quindi alla fine ho acconsentito alla cucina componibile. In cambio ho avuto l’assicurazione che avrò un posto per mettere tutti i miei piattini e le mie scodelle ben in vista. Ora cerco un bel mobile vecchio, magari con un piedino traballante, sul quale riporre i miei tesori, almeno fino a quando A. non verrà a trovarci di nuovo... :) ma questa è un’altra storia...

lunedì 26 maggio 2008

Desert storm

I lavori vanno avanti, i massetti sono chiusi, e non si cammina più in punta di piedi caracollando per evitare tubi blu, tubi neri, tubi bianchi.

Hanno anche sabbiato le travi in questi giorni. Le pareti della casa adesso sembrano quelle di una casupola nel deserto, dopo che una tempesta di sabbia l'ha strapazzata
ben bene...

In compenso le travi e le mezzane ne sono venute fuori benissimo... R. è entusiasta, e anche a me piacciono molto, anche se mi chiedo se, per darmi il giusto tono, non mi toccherà passeggiare per casa con una giacca da camera di tweed ed una pipa in bocca :)

La foto non è la migliore, ma mi piace molto, perchè è dell'ingresso, all'imbrunire. Il luogo non luogo, all'ora non ora.

da sotto a sù

Se non son fortune queste... abbiamo anche da dove farlo arrivare, noi, quel signore rubicondo che va in giro a distribuire regali... il percorso sembra libero, anche se polveroso. Ne riparleremo a dicembre.

venerdì 23 maggio 2008

Cronaca di una non cronaca

Dalla settimana scorsa nessuna cronaca. No. Nessuna foto. Manco una piccola piccola.
Come dire. Ci sono giorni possibili, altri solo immaginabili. A volte. Altri invece no. Altri invece arrivi a casa, dopo una settimana che non la vedi, e trovi un disastro. O quantomeno, forse così sembra a te.
Insomma siamo arrivati sabato scorso, e io per la prima volta sono entrata e non ho visto casa mia come sarà, con il parquet le pareti bianche e il piccolo soppalco in ingresso appena entri.
Ho visto solo un gran casino, carriole, cemento, tracce degli impianti parzialmente chiuse, travi da sabbiare, muri storti, polvere, macerie.
Insomma. E dire che ci dovrei essere abituata. In qualche modo è anche il mio lavoro. So che arrivi in cantiere e ti sembra che niente vada avanti, che tutto sia mezzo cominciato mezzo no, che non si arriverà mai a un punto. Ma nonostante questo mi sono depressa, e innervosita, e non solo io.
Insomma ce ne siamo andati in fretta, dopo solo un’oretta di giretto, mesti mesti verso casa.
Ce ne siamo andati via subito, ci siamo rimessi in macchina e ce ne siamo tornati in Padania, senza neanche andare a mangiare la pizza che ci piace, in quel posto là, nella piazza, tutto verde acqua anni ’60 dove paghi due pizze come fosse una.
Non avevamo voglia, per quel fine settimana di essere quel ryo e quella vica lì, quelli che hanno una casa che più che in via di ristrutturazione sembrava in via di demolizione.

martedì 13 maggio 2008

L'albero della luce


Tentacoli

Appena entri la vedi, che troneggia sulla parete di fronte a te, tutta blu con i suoi lunghi tentacoli che entrano in tutte le stanze.
Ti guarda, e sembra viva. La piovra.

Gargarozzi

Da queste parti si sente l’esigenza di un post tecnico. A me la parola tecnico mi sta un po’ antipatica, mi ricorda i governi tecnici, tecnici, tecnici, come a dire che erano meglio degli altri e poi alla fine si scopriva che erano solo la somma di tante maniere autistiche di vedere il mondo, senza un’idea, un obiettivo, un sol dell’avvenir.
Comunque.
Hanno messo i due architravi per l’apertura ingresso-ripostiglio. Il progetto strutturale parlava di una longherina doppio-T profilo HEA di altezza 10 e spessore di conseguenza. Queste invece sono prefabbricate, laterizio con barre di ferro e cemento.
Stanno finendo di stendere i corrugati per l’impianto elettrico e di riscaldamento. Se non fosse un post così tecnico vi potrei raccontare che qui a Livorno li chiamano gargarozzi e la cosa mi ha fatto molto ridere specie per come pronunciano la parola gli operai albanesi che abbiamo a casa.
Ma è un post tecnico.
E quindi vi racconto che alla fine abbiamo deciso di non stendere una guaina impermeabilizzante tra la prima parte del massetto strutturale e la seconda che ci apprestiamo a gettare. Sarà sempre un massetto alleggerito di tipo tradizionale in cucina e nei due bagni, dove sopra verranno le piastrelle. Abbiamo invece deciso di utilizzare un prodotto alleggerito ma a presa rapida per tutto il resto del fondo, così da poter avere rapidamente l’umidità giusta per posare il parquet. Sono circa 4mc. L’impresa dice che con i soldi ci sta dentro; sappiatelo se in futuro avrete voglia/bisogno di utilizzare un prodotto del genere.

Vicolo stretto

Insomma, una cosa è mettersi a inventare i centimetri col CAD, un’altra è quando il buon F prende il mazzuolo – che scompare nelle sue mani, tanto sono grosse – e ti spacca una parete; certo, alla luce di tanto di calcoli fatti dell’ingegnere strutturista, ci mancherebbe, ma a vedere quel buco uno si preoccupa. Macchè, non è vero: io mi commuovo a vedere quella porticina lì su, appoggiata sul suo bel architrave armato sottile sottile... e mi immagino come sarà bello quando ci sarà un soppalco tutto di legno a fare da pavimento alla stanza per gli ospiti più piccola del mondo.
Però poi a misurare uno si preoccupa. La porticina ci viene alta poco più di 1 e 40. E dentro, una volta entrati, non è che poi uno possa salire in piedi su uno sgabello... Ma tanto va benissimo così: si sapeva: sopra ci salgono i nanetti, e i nostri amici alti se ne staranno giù. E per loro, solo per loro, il “corridoio” a tutta altezza, cioè quello non occupato dal soppalco, è stato allargato di buoni 30 centimetri; certo, questo vuol dire che la mia etcetc (chi la fa l’aspetti) vede ridotta la larghezza del suo soppalco, che poi è il suo studio, da 2 metri e 10 a 1 metro e 80. Ma le ho già detto che le cedo volentieri un pezzo del mio monumento scrivanioso in caso di necessità.
Estrema necessità, ovvio ;-)

mercoledì 7 maggio 2008

PER TRE PUNTI

Ieri sera siamo andati a comprare le luci da terra.

Quelle per la libreria dell’ingresso che insomma ancora non ve lo abbiamo raccontato ma pare che si faccia, con qualche piccola modifica decisamente sostanziale ma pazienza… Io non amo andare a comprare. Non mi piace. Non mi diverto. Anche perché, diciamolo, mi capitano cose del tipo

V: “Mi scusi cercavo la Trilogia della città di K ma non la trovo…”
C: “Di chi è?”
V – voce paziente - : “Di Agota Kristof”
C: “Cerchi sotto la C”

A questo punto che fai? Ti giri e te ne vai. Mi salta proprio la mosca al naso alle prese con persone? commessi? addetti? così…. così! Mi si scatena il difetto peggiore: quella innata capacità di affondare il coltello ben bene, e poi girare, e girare, e girare…

Insomma, siamo andati a comprare le luci da terra per la libreria.

In un megamaxi negozio pieno pienissimo di tutte le più belle e costose lampade in commercio… dando uno sguardo così, superficiale, ce ne saremmo comprate volentieri una ventina…

Arriva lei, “l’addetta”. Si presenta un po’ male. E’ magra, molto magra, e io diffido delle donne così magre. Mi preparo alla pugna. Gamba destra avanti, sinistra indietro, mani alte. Primi due scambi. Apro le danze con una precisazione acida. Mi guarda con aria interrogativa. Ha due occhi azzurri enormi. Sembra un folletto. Mi spiazza. Continua a parlare, spiega, illustra.

Devo retrocedere e ritirarmi in buon ordine. E’ carina, gentile, e moooolto preparata. Le piace quello che fa, e si vede.

La stupiamo un po’ con la nostra capacità di fare velocissimamente conti in diretta, allenata con mesi di tentativi di quadratura cerchio. Ci stupisce un po’ con una considerazione sulla geometria delle luci, un po’ diversa da quella che si impara a scuola.

Perché, se è vero che la geometria dice che per due punti passa una sola retta, l’illuminotecnica dice che per tre ci passa meglio. Per cui è sempre meglio prendere almeno tre luci.

La cosa mi affascina terribilmente e per qualche minuto non penso ad altro.

Ma alla fine noi siamo testoni, ed usciamo avendo ordinato solo due luci.

Sono bellissime e non vedo l’ora di poterle accendere.

martedì 6 maggio 2008

Se stasera siamo qui

Stasera siamo qui. Nella graziosa cittadina della graziosa pianura della graziosa padania che graziosamente ci ospiterà ancora per qualche giorno… diciamo il tempo di una quarantena.

Ecco forse sarà per questo. Perchè mancano tanti giorni come una quarantena, tanti come quelli che qualcuno si mormora passò nel deserto, tanti come i ladroni.

Ma stasera ci aggiriamo in questa casa, stanza-cucina-stanza-bagno, televisione-unpo’diebay-unpizzicodirepubblica-unamelasbucciata-duefettebiscottate, con poca pace.

Magari sentiamo che è arrivato veramente il momento di andare, con le scatole di cartone già fatte da pasqua, e non sappiamo bene cosa fare, come congedarci.

Già. Come ci si congeda da una casa che nonostante tutto – spifferi, treni che fischiano, rubinetti eternamente gocciolanti – ti ha accompagnato per così tanti anni? Cosa si fa? Si prepara un pranzetto? Si lascia una lettera di addio? Si esce di soppiatto sussurrando ‘sto andando a comprare le sigarette’?

sabato 3 maggio 2008

The dark side of the bathmoon

Come entrate voi in bagno?

Aprite la porta, due passi dentro, tendete la mano, accendete la luce, chiudete la porta?
Oppure, accendete la luce, aprite la porta, due passi dentro, chiudete la porta?

La differenza sembra poca, ma a me paiono due scuole di pensiero.

Certo, la prima soluzione è più pratica, più pragmatica, è da persone che fiduciosamente percorrono il luminoso sentiero della vita: loro PRIMA accendono, e POI entrano.

Ma sinceramente a me piace più la seconda. Volete mettere? entrare al buio, magari di notte, cercare a tentoni l’interruttore... è più misterioso, incerto, romantico. Varchi la soglia e guardi avanti, e fra un bidè ed un lavabo per un attimo ti sembra di intravedere anche lei, la linea d’ombra. Certo, anche insidioso, lo so, lo ammetto, una vera trappola per mignoli di piedi scalzi.

Ma c’è di più. A me quella luce fuori dal bagno mi mette ansia. Per lui. Per il bagno. Se poi qualcuno per sbaglio o per diletto accende la luce da fuori e passa via, cosa succede a lui, al povero bagno? Se ne resta tutto solo e illuminato, utile a nessuno. E’ umiliante secondo me. E che dire poi delle altre stanze? Perché non accendere allora il salone dal tinello, la cucina dall’ingresso, lo studio dal salone? Perché non accendere l’ingresso dal pianerottolo?

Ma tanto è una battaglia persa. Mi sa che il mio amato etc etc, che della sua presunta razionalità fa vessillo con il quale si avvolge, non si appassiona al lato oscuro (ma non era dark? ndEtcEtc).

E oggi abbiamo stabilito che gli interruttori del bagno staranno fuori.

venerdì 2 maggio 2008

Sul come le cose storte sono sempre meglio di quelle dritte

Sarà che sono mancina. Sarà che sono testaccia. Ma io questa cosa qui l’ho sempre pensata…. E al dire “non ne fai una dritta” ho sempre pensato fosse da preferire “non ne fai una storta”.
In questo periodo ho scoperto che la musica, armonia dell’universo, concorda con me.

Dal primo rilievo della casa infatti il mio etc etc è tornato indietro entusiasta: il muro esterno del salone infatti è risultato storto. E mica di poco poi. Sono qualcosa come 15 cm su un totale di circa 5.00 m.
Alla mia faccia interrogativa mi ha ricordato che sulle superfici asimmetriche le onde si riflettono ma si sfasano, e quindi lo stereo suona meglio.

Perché dimenticavo di dire due cose.

La prima è che lui è fissato con la musica. Il primo o il secondo giorno che stavamo insieme mi ha spiegato entusiasta come funziona un equalizzatore (mi pare… ) quali picchi taglia e così andare…. (era un compressore, ma fa lo stesso - ndEtcEtc)

La seconda è che il salone sarà una stanza per tutti, si si, per leggere, ricevere, chiacchierare, ma ormai possiamo tranquillamente dire che è stata progettata attorno al SUO stereo.
Tralascio i particolari sul suo stereo, se vorrà metterà lui le note a margine, non saprei cosa dire io, so solo che è grosso nero ed esteticamente francamente brutto.
Quando ha detto all’impresa il tipo di cavo che deve passare da un lato all’altro del camino per le casse del SUO stereo, ho visto il panico negli occhi di quel sant’uomo.
Non vi dico le liti per la posizione futura del divano, che io voglio sotto la finestra per leggere e lui in posizione perfettamente mediana rispetto alle casse suddette.

Insomma sempre siano lodati i muri storti del salone, che fanno suonare bene lo stereo, siamo fortunati.

Ma siccome siamo molto fortunati, la casa ci viene incontro, e oggi scopriamo che anche una parete del bagno, spicconata bene bene che pare un agnello scuoiato, è storta.

Ma siccome siamo molto fortunatissimi, l’impresa ci viene incontro, e l’unico muro dritto del bagno nuovo a guardarlo bene ondeggia sinuosamente in modo anche un po’ lascivo.

E quindi ricapitolando suoneranno bene il salone, il bagno piccolo e anche il bagno grande.

Per questo allora ho pensato: organizziamo delle sedute di ascolto, ma una cosa intima, in un luogo raccolto. Una cosa per due soli ospiti, visto che ci sono solo due posti a sedere, il bidè e ehm, il cesso: uno stereo, due candele, un po’ di atmosfera, e tutte quelle onde che si sfasano e si risfasano in una magica sinfonia…

Si accettano prenotazioni.